Condivido di seguito il mio articolo sull’Alzheimer pubblicato sul sito di Obiettivo Psicologia (opsonline.it)

Ci sono alcune indicazioni utili, relative al come comportarsi e come comunicare con le persone affette dalla malattia di Alzheimer nei vari momenti della giornata cercando di mantenere un clima sereno e di accoglienza.

Il modo con cui ci rapportiamo con le persone permette di cambiare il tipo di relazione che si instaura.

La malattia di Alzheimer è una patologia neurologica degenerativa che colpisce il cervello provocando una seria compromissione delle facoltà mentali (come la memoria, il linguaggio, il ragionamento).

Essa è la più frequente forma di demenza, attualmente non vi è ancora una cura definitiva e non esistono esami per determinare in modo certo la probabilità di svilupparla.

Sono però disponibili delle cure farmacologiche e non farmacologiche in grado di rallentarne il decorso, offrendo un miglioramento della qualità di vita del paziente.

Il paziente affetto da demenza sviluppa in un arco temporale relativamente breve, il passaggio da una fase di sostanziale autonomia, ad una progressiva perdita di autonomia e riduzione delle capacità cognitive [Bianchetti A., et al., 2005].

La demenza è una malattia che non soltanto affligge il malato, ma si ripercuote emotivamente in maniera pesante anche su coloro che l’assistono: il coniuge, i figli, i familiari.

L’assistenza ad un malato di Alzheimer risulta presto molto faticosa, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

Sentimenti di dolore, impotenza, rabbia e senso di colpa possono cogliere i caregiver (coloro che se ne prendono cura) nelle varie fasi della malattia, capire ed accettare le proprie emozioni può essere d’aiuto nella gestione del malato e per se stessi.

A volte, potrebbero insorgere incomprensioni e diverbi familiari nella gestione della malattia. E’ importante fare i conti con le proprie forze ed energie, e non pensare di poter affrontare le cure richieste da soli, ma accettare di aver bisogno di aiuto.

La persona affetta da demenza modifica le modalità di comunicazione fin dalle prime fasi della malattia: perde la capacità di capire la lingua parlata e scritta; fa fatica a trovare le parole giuste e fa confusione, invertendo le parole. Per questo diviene difficile comunicare.

La malattia spesso si manifesta in modi diversi; può succedere che, il malato, nello stesso giorno, alterni momenti di “lucidità” a momenti di confusione.

La percezione più comune è quella di sentirsi presi in giro.

Ma avete presente una lampadina che sta sul punto di fulminarsi? Inizia a funzionare ad intermittenza, si accende, si spegne. Questo è ciò che accade nel cervello delle persone colpite da Demenza.

E’ veramente difficile, se non impossibile, per ogni malato di Alzheimer imparare, capire, ragionare o ricordare; per questo è inutile cercare di convincere la persona che una tale azione è sbagliata, completare le sue frasi pensando di dare un aiuto o correggerlo in ogni cosa che dice perché molto distante dalla realtà.

E’ senz’altro più produttivo fornire loro un conforto, mostrandosi empatici, tentare di instaurare attività piacevoli, come fare una passeggiata, o ricordare i vecchi tempi con qualche oggetto o fotografia del passato.

Inoltre è importante riconoscere l’intenzione a comunicare, anche quando risulta incomprensibile perché la malattia è in uno stadio molto avanzato e la persona cerca di esprimersi, ma non ci riesce.

Di seguito qualche consiglio pratico per agire una buona comunicazione:

• Evitare le situazioni di gruppo;

• Mettersi in una stanza tranquilla, senza la radio e/o la TV che potrebbero creare distrazioni e allontanare la persona dalla realtà;

• Quando si parla, si parla e basta;

• Agganciare con lo sguardo;

• Mettersi seduti, uno di fronte all’altro, alla stessa altezza;

Il cervello degli anziani funziona più lentamente con il progredire dell’età, in presenza di una demenza questo subisce ancor di più un rallentamento. Per questo è necessario, per una buona ed efficace comunicazione, rispettare i tempi della persona; scegliere consapevolmente le parole da dire, o non dire, senza lasciarsi prendere dalla fretta.

Se non abbiamo la pazienza di aspettare, la persona con demenza non comincerà mai a comunicare, piuttosto tacerà.

Chi assiste deve cercare di capire quali sono i bisogni e i desideri del malato per aiutarlo nella conversazione, cercando di creare anche un ambiente idoneo per stimolarlo.

Di seguito un dialogo tratto dal film “Still Alice” (R. Glatzer, W. Westmoreland, 2014), dove la protagonista prova a spiegare cosa vuol dire soffrire di Alzheimer:

“…Sono una persona che convive con l’esordio precoce dell’Alzheimer e, in quanto tale, mi trovo ad apprendere l’arte del perdere ogni giorno. Perdo l’orientamento, perdo degli oggetti, perdo il sonno ma soprattutto perdo i ricordi…

…Tutto quello che ho accumulato nella vita, tutto quello per cui ho lavorato con tanto impegno ora inesorabilmente mi viene strappato via…

…Chi ci può più prendere sul serio quando siamo così distanti da quello che eravamo? Il nostro strano comportamento e il nostro parlare incespicante cambia la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra percezione di noi stessi. Noi diventiamo ridicoli, incapaci, comici ma non è questo che noi siamo. Questa è la nostra malattia…

… So di essere viva. Ho delle persone che amo profondamente, ho delle cose che voglio fare nella vita… Me la prendo con me stessa perché non riesco a ricordarmi le cose, ma ho ancora dei momenti nella giornata di pura allegria, di gioia e vi prego non pensate che io stia solo soffrendo. Seppure sto soffrendo io mi sto battendo sto lottando per restare parte della realtà, per restare in contatto con quella che ero una volta. Così “vivi il momento” è quello che mi dico…

È davvero tutto quello che posso fare vivere il momento è non massacrarmi più del necessario per imparare l’arte di perdere…”

giuliamasci